Tutti conosciamo la comune lente d’ingrandimento ed abbiamo fatto l’esperimento di concentrare con essa i raggi del sole su un unico punto. In questo punto si raccoglie non solo la luce ma anche il calore che diventa talmente forte da incendiare la carta. Tale punto si chiama perciò il « fuoco » della lente, e la distanza f è chiamata « focale ». La lunghezza focale non dipende dal diametro della lente, ma soltanto dalla sua curvatura; a curvatura maggiore corrisponde distanza focale minore. Tuttavia, una lente grande raccoglie piú raggi di una piccola, e perciò il fuoco della prima è piú luminoso di quello della seconda.
Non è dunque difficile determinare la lunghezza focale di una lente. Per farlo con precisione, possiamo fissarla in un supporto di cartone e verificare quando essa proietta su una lastra di vetro o su una carta translucida un’immagine perfettamente nitida (« a fuoco ») di un oggetto lontano (almeno 200 m, affinché i raggi possano essere considerati paralleli). Sulla lastra (fig. 261) vediamo l’oggetto rovesciato e rimpicciolito; avvicinandoci all’oggetto l’immagine diventa sempre piú grande e dobbiamo distanziare sempre di piú la lastra dalla lente. Quando la distanza tra lente ed oggetto è uguale alla doppia lunghezza focale, l’immagine è già in grandezza naturale; avvicinandoci ulteriormente otteniamo perfino un’immagine ingrandita (ìig. 262). Ad ogni distanza dell’oggetto corrisponde dunque una data distanza tra lente ed immagine (lastra), e la proporzione tra le due distanze ci dà nello stesso tempo anche il rapporto di riduzione o d’ingrandimento. Per esempio: una lente di lunghezza focale 10 cm ci dà un’immagine nitida di un oggetto distante 60 cm (fiammella di candela) a 12 cm. Questa immagine è grande un quinto dell’oggetto.
Ricapitoliamo: una lente (parliamo qui soltanto di lenti convergenti) proietta su uno schermo o su una lastra un’immagine rovesciata dell’oggetto, in scala variabile a piacere. Ciò vale finché la distanza dall’oggetto non è minore della lunghezza focale; se avviciniamo ulteriormente l’oggetto, l’immagine non è piú captabile sullo schermo (non è piú « reale »), ma la vediamo attraverso la lente, non piú rovesciata ma diritta, ed ingrandita (immagine « virtuale »). In altre parole, la lente funziona da lente d’ingrandimento. Il rapporto d’ingrandimento dipende soltanto dalla lunghezza focale f e precisamente è 25/f.
Una lente di lunghezza focale f=5 cm ingrandisce perciò cinque volte.
Ogni lente può essere considerata composta di prismi e con ciò si spiega perché essa rifrange la luce. Ma un prisma scompone la luce bianca nei suoi componenti; per questa ragione, le lenti semplici danno immagini con contorni colorati. Si è cercato di evitare l’inconveniente accoppiando lenti con vari indici di rifrazione (sistemi acromatici). Un altro difetto delle immagini di lenti semplici è la loro mancanza di nitidezza verso i bordi; esso è stato eliminato, sia pure a spese della luminosità dell’immagine, con l’uso del diaframma che non permette ai raggi di penetrare nella lente lontano dal suo centro. Gli obiettivi moderni sono tutti composti di varie lenti (aplanatiche, anastigmatiche) e sono costruite in modo che, a diaframma aperto, diano immagini nitide anche ai bordi.
Oltre alle lenti convergenti esistono le lenti divergenti (fig. 263 d-f) che però qui non ci servono. Come dice il loro nome, esse fanno divergere la luce incidente e perciò non hanno fuoco.
Le lenti convergenti possono essere (fig. 263 a-c): biconvesse (a), convesse-piane (b), convesse-concave (c); le prime due sono all’incirca uguali nel loro effetto ottico, la terza disegna meglio i bordi se la parte concava è rivolta verso l’oggetto. Quest’ultima lente è usata spesso per occhiali ed è chiamata anche « menisco ».
Due lenti convergenti di uguale lunghezza focale, messe insieme, hanno una lunghezza focale dimezzata rispetto a quella delle singole lenti. Una simile combinazione è però sconsigliabile, perché i difetti di ciascuna lente (bordi poco nitidi e colorati) risultano aumentati. Viceversa, due menischi collegati in modo che le loro facce concave si trovino di fronte costituiscono un sistema (obiettivo doppio periscopio) che disegna i bordi meglio di quanto non lo faccia la lente singola (fig. 266). La lunghezza focale dell’obiettivo doppio, misurata dal centro, è anche in questo caso circa la metà della lunghezza focale della singola lente.
Terminiamo questa parte teorica con la spiegazione della parola « diottria » che serve all’ottico per esprimere la lunghezza focale di una lente. Il numero di diottrie è uguale a 100 cm / lunghezza focale e perciò è facile calcolare la lunghezza focale, uguale a 100 cm / numero di diottrie.
La costruzione di montature per lenti
Nelle costruzioni ottiche dobbiamo quasi sempre montare le lenti in un tubo a che deve scorrere in un altro tubo b fisso nella cassa c (fig. 264). I tubi si fanno avviluppando attorno ad un’anima cilindrica di legno o metallo delle strisce di carta da pacchi dí larghezza e lunghezza adeguate.
Il tubo a deve avere un diametro interno tale da accogliere con precisione la lente. Un terzo tubo d, che entra esattamente nel tubo a e che è un po’ piú corto di quest’ultimo, fornisce la sede per la lente. Tagliato esattamente a perpendicolo, viene infilato nel tubo a ed incollato. Inseriamo poi la lente, che viene tenuta in sede da un anello di cartone e (ritaglio di d) o da un anello di filo di ottone crudo (elastico). L’eventuale diaframma B in cartone viene ugualmente fissato con un anello elastico di filo, a circa 1 cm dalla lente. L’apertura circolare deve trovarsi esattamente centrata, il suo diametro viene stabilito con qualche esperimento. Ricordiamo che il diaframma in questo caso serve unicamente per schermare la lente, in modo da aumentare la nitidezza delle immagini anche verso i bordi. Se il tubo deve essere molto lungo perché l’apparecchio esige forti variazioni nella messa a fuoco (v. per esempio nella Camera oscura) il diametro della lente deve essere piú piccolo di quello del tuba stesso; altrimenti il bordo del tubo impedisce ad una parte del fascio luminoso di arrivare fino alla lente (fig. 265), per cui l’immagine si presenta, sulla lastra opaca, attorniata da un anello scuro. In questo caso conviene dunque inserire la lente in un tubo di diametro maggiore.
La figura 266 mostra un obiettivo doppio con il diaframma esattamente nel centro tra due menischi.